Nell’era dei big data e dell’intelligenza artificiale, anche la musica popolare non sfugge all’analisi quantitativa. Un recente studio condotto da musicologi computazionali della Queen Mary University di Londra ha rivelato una tendenza interessante: le melodie vocali nella musica pop sono diventate molto meno complesse nel corso del tempo.
Lo studio e i suoi risultati
Lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, ha utilizzato modelli matematici per analizzare le prime cinque canzoni della Billboard (classifica generale) per tutti gli anni dal 1950 al 2023. I ricercatori hanno identificato tre “rivoluzioni melodiche” negli anni 1975, 1996 e 2000 – che hanno portato a una crescente semplicità nei due componenti principali della melodia: il ritmo e l’altezza delle note (alte a e basse).
Madeline Hamilton, la studentessa di dottorato che ha guidato la ricerca, afferma che sia il ritmo che l’altezza sono diventati progressivamente meno complessi nel periodo esaminato, con una diminuzione stimata del 30% per entrambi gli elementi.
La hit del 1975 “Love Will Keep Us Together” dei coniugi Captain & Tennille contiene molte note “inaspettate” e una certa complessità ritmica.
Al contrario, “Breathe” di Faith Hill, la canzone più ascoltata del 2000, non presenta alterazioni (diesis e bemolli) se non quelle in chiave ma molte ripetizioni e ritmi semplici.
La differenza tra questi due brani è lampante a giudicare dalla partitura (anche per coloro che non sono musicisti).

Metodologia dell’analisi
L’analisi condotta dai ricercatori è stata molto dettagliata e rigorosa. Hamilton ha personalmente ascoltato e trascritto le melodie vocali di 366 canzoni, utilizzando MuseScore, un programma di notazione musicale online. Per ogni melodia, sono state misurate otto metriche melodiche: quattro relative al ritmo e quattro all’intonazione. Queste includevano, ad esempio, il numero di note per battuta e l’intervallo melodico medio tra note consecutive.
Un aspetto particolarmente interessante dell’analisi è stato l’uso di un modello statistico sviluppato dal Dr. Pearce per misurare la prevedibilità di ogni melodia in termini di ritmo e intonazione. Questo modello cerca di “indovinare” quale nota seguirà nella melodia basandosi sulle note precedenti. Così facendo fornisce un’indicazione sull'”originalità” del brano. Inoltre, sono stati utilizzati dei modelli linguistici per rivelare i momenti significativi nell’evoluzione della musica pop.
Le cause della semplificazione
Gli autori dello studio suggeriscono che questa tendenza potrebbe essere il risultato di diversi fattori:
- L’accessibilità del software di produzione musicale digitale e le vaste librerie di campioni e loop hanno “democratizzato” la creazione musicale. Questo ha permesso a chiunque con un computer e una connessione internet di creare musica, ma potrebbe aver anche portato a una standardizzazione delle strutture melodiche.
- L’emergere e la popolarizzazione di generi come la disco negli anni ’70, l’arena rock, l’hip-hop e la musica elettronica negli anni ’90 e 2000 hanno introdotto nuovi approcci alla composizione. Questi generi spesso privilegiano il ritmo e gli elementi sonori complessi (come effetti, arrangiamenti elaborati e tecniche di registrazione avanzate) rispetto alla complessità melodica.
- I social media e le piattaforme di streaming musicale hanno cambiato il modo in cui consumiamo la musica. La necessità di catturare rapidamente l’attenzione dell’ascoltatore in un panorama saturo di contenuti potrebbe aver spinto verso melodie più semplici e immediate.
- La cultura digitale ha abituato il pubblico a un linguaggio più semplice e conciso. Questo potrebbe aver avuto un riflesso nella musica.
Complessità vs Qualità
È importante notare che la diminuzione della complessità melodica non implica necessariamente una riduzione della qualità musicale. Gli autori dello studio sottolineano che altri aspetti della musica, come il numero di note suonate al secondo, sono in realtà aumentati nel tempo. Questo suggerisce che la perdita di complessità melodica potrebbe essere compensata da una maggiore complessità in altri elementi musicali.
“Happy” di Pharrell Williams, la canzone numero uno del 2014, presentava una bassa complessità melodica ma una produzione musicale notevole.
Detto tutto questo, la semplicità melodica può avere una sua bellezza intrinseca e non dovrebbe essere interpretata necessariamente come un indicatore di declino artistico.
Mentre riflettiamo su questa evoluzione storica della musica pop, non possiamo ignorare un fenomeno emergente che potrebbe rappresentare la prossima frontiera nella produzione musicale: l’intelligenza artificiale. Oggigiorno, esistono infatti sofisticati sistemi di AI capaci di comporre, arrangiare e persino produrre brani musicali, rendendo la creazione musicale accessibile anche a chi non ha una formazione specifica. Questi strumenti stanno “democratizzando” il processo creativo, ma sollevano anche una serie di interrogativi: come influenzeranno la complessità e la diversità della musica futura? Cambieranno il nostro concetto di creatività musicale? E come si evolverà il ruolo dell’artista umano in questo nuovo panorama tecnologico?
Queste domande meritano un’analisi approfondita, che esploreremo in un prossimo articolo di infigures.it. Quindi mi raccomando: stay tuned!
[Articolo originale: The New York Times, “Pop Melodies Have Grown Simpler, Study Finds” di Alexander Nazaryan, 4 luglio 2024 – LINK ]